Cristicchi, l’artista e la sua verità di uomo

La sua verità di uomo, la sua profondità d’artista e la sua sincerità d’animo hanno fin qui portato Simone Cristicchi ad avventurarsi in territori sociali impervi (dalla follia all’emarginazione). In capitoli della storia strappati dai volumi ufficiali e vicende rimosse dalla memoria collettiva (dall’esodo giuliano dalmata alle marocchinate). Come pure, in argomenti al centro del dibattito sull’attualità scomodi e falsati. Tradotti in pretese che, in nome della rivendicazione di un presunto diritto, declinano tutto al politicamente corretto (il tema della maternità surrogata).

Simone Cristicchi, la sua verità di uomo, la sua profondità d’artista
Ma lui, con studio, coerenza e convinzione, continua da anni a battersi contro luoghi comuni e presunte verità in tasca. Continua a dire come la pensa. Anche se questo significa portare in fronte una lettera scarlatta e subire un ostracismo culturale, che non pregiudicano comunque la sua ricerca di uomo e di artista a 360 gradi. Così, a Libero, che oggi lo intervista nell’edizione cartacea, Simone Cristicchi può affermare in tutta onestà: «Ho un solo padrone: il mio pubblico. Per questo ho una grande libertà. Penso che l’arte debba risvegliare le coscienze anche andando controcorrente. Molti, invece, sono asserviti al potere»…

«Racconto i drammi dimenticati: l’esodo istriano e le Marocchinate»
Lui no: non si è piegato alle logiche di un sistema culturale presidiato dalla sinistra. Cristicchi, che da piccolo voleva fare l’archeologo, e che oltre a scrivere, sa cantare, recitare, e anche disegnare, grazie a colui che considera il «suo maestro»: niente di meno che Jacovitti – durante il primo periodo di quarantena mi è tornata la voglia di disegnare, grazie a Elisabetta Sgarbi ho realizzato una mostra anche con i lavori di quando ero ragazzo…», dice nell’intervista a Libero – conferma con il successo la determinazione a proseguire sulla strada fin qui intrapresa. E al quotidiano in edicola confessa: «Il teatro è la mia isola felice».

«Credo che il ruolo di un artista sia anche risarcire la memoria di chi non ha avuto giustizia»
E infatti, tra le sue ultime fatiche figura una pièce scritta con Ariele Vincenti: Marocchinate. Un lavoro che porta in scena la tragedia delle migliaia di donne stuprate e uccise nella primavera del ’44 dai soldati africani in Ciociaria. E spiega: «Credo che il ruolo di un artista sia quello di provocare, risarcire la memoria di chi non ha avuto giustizia. In Marocchinate il protagonista è un pastore ciociaro che ha vissuto sulla propria pelle questa tragedia che è stata rimossa, come quella dell’esodo». Già, il dramma dei profughi istriani: un tema cardine di tutta la sua produzione artistico-sociale…

Cristicchi, le accuse di fascismo? «Ho un solo padrone: il mio pubblico»
«Da piccolo passavo davanti al villaggio giuliano-dalmata di Roma e credevo che giuliano fosse un nome e dalmata un cognome», racconta Cristicchi a Libero. E prosegue: «Poi ho letto un libro, Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani. Sono andato a Trieste, al Magazzino 18, che allora non era aperto al pubblico. Ho visto con i miei occhi tutti gli oggetti. Tutta quella vita strappata agli esuli. Una volta uscito, ho promesso che avrei raccontato, denunciato. Lo faccio da dieci anni: decine di migliaia di persone sono venute a sentire, a vedere, a capire». E per questo, sottolinea l’intervistatore, «è stato accusato di fascismo».

«Il teatro è la mia isola felice»
Così, anche sul punto, l’artista precisa: «Prima di andare in scena ho fatto leggere il copione a diversi storici, a chi ne sa più di me. Una volta avuto il lasciapassare, sono andato avanti per la mia strada. Lo scopo del mio spettacolo non è soffiare sulla brace del conflitto tra fascisti e comunisti, ma raccontare il dramma di quegli italiani che hanno perso la loro terra… Vede, è diverso dai migranti. Pensiamo agli emigranti che lasciavano Palermo, Napoli, Milano e cercavano fortuna altrove. Loro sapevano che se fossero tornati avrebbero ritrovato la loro terra. Gli esuli, invece, sono stati sradicati. Il loro mondo non tornerà più per una Storia che ha cambiato forma»…

Simone Cristicchi e il post contro la maternità surrogata
E ancora. «Sa quante madri si sono impiccate, quanti vecchi sono morti di crepacuore?». Un dramma che gronda ancora sangue, che ha colpito uomini, donne e bambini, indifferentemente. Un tema, quello del dolore, che spesso nei testi di spettacoli e canzoni in Simone Cristicchi assume i connotati della femminilità. Non a caso, come rileva anche Libero, recentemente ha scatenato molte polemiche anche il suo post contro la maternità surrogata. Ma anche sull’argomento, l’artista ribatte e puntualizza, raccontando la storia di Jelena: una drammatica vicenda che ha conosciuto in Kosovo.

Una spina nel fianco della sinistra
«Ho raccontato di Jelena, una ragazza che è una “roda”, una cicogna. Ha prestato il suo utero a chi non poteva avere figli. Anzi, ha venduto, noleggiato, affittato il proprio utero, perché nel mondo ricco, eterosessuale ed omosessuale, il figlio è un diritto che se non si ottiene per grazia, fortuna e natura, si compra con il danaro. Jelena guadagna 5mila euro…». E subito dopo aggiunge anche: «Io le ho viste le ragazze dopo il parto, sono distrutte. Sa da chi ho ricevuto più critiche per aver difeso le donne? Dalle donne». Un ennesimo tema di scontro rispetto al quale Cristicchi si pone con incisività, garbo, coscienza critica e coerenza. Tutte caratteristiche umane e artistiche che fanno di lui una spina nel fianco della sinistra.

Bianca Conte – Il Secolo d’Italia, 03/05/23 – Cristicchi, l’artista diventato la spina nel fianco della sinistra. Le accuse di fascismo? “Ascolto solo il pubblico”